Contratto a tempo determinato. Illegittima apposizione del termine. Risarcimento del danno. Parametro di quantificazione.

Corte di cassazione. Ordinanza 28 febbraio 2022, n. 6493.

Corte di cassazione. Ordinanza 28 febbraio 2022, n. 6493.

Il pregiudizio sofferto dal lavoratore, ritenuto sussistente per essere lo stesso, in base al diritto dell’Unione europea, soggetto ad un onere probatorio agevolato, tale da essere assolto sulla base di mere presunzioni, deve considerarsi normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile.

Dal testo dell’ordinanza

“[…] Rilevato

-che, con sentenza del 30 luglio 2013, la Corte d’Appello di L’Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Pescara, accoglieva la domanda proposta da F.B. nei confronti della Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara (AUSL), avente ad oggetto il risarcimento del danno subito in ragione dell’illegittimità dei contratti di lavoro a termine e delle relative proroghe in virtù dei quali l’istante aveva prestato servizio presso il Dipartimento di Salute Mentale di Penne per circa nove anni di cui quattro in modo discontinuo e dall’1.3.2005 fino al 28.2.2009 senza soluzione di continuità;

-che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto illegittimi, per genericità delle invocate causali e per violazione del regime della proroga, i predetti contratti a termine, insuscettibili gli stessi di conversione, stante la natura pubblica dell’AUSL datrice, ma tali da legittimare la pretesa al risarcimento del danno, parametrato sul regime sanzionatorio di cui all’art. 18 Stat. lav.;

-che per la cassazione di tale decisione ricorre l’AUSL di Pescara, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, in relazione alla quale la B. pur intimata, non ha svolto alcuna difesa;

-che l’AUSL ricorrente ha poi presentato memoria;

Considerato

-che, con l’unico motivo, l’AUSL ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, 18, commi 4 e 5, l. n. 300/1970, 2697 c.c. e 12, comma 2, preleggi, lamenta la non conformità a diritto della statuizione con cui la Corte territoriale, ritenuto provato il danno, ha proceduto alla determinazione equitativa del medesimo, assumendo a parametro la norma statutaria con sommatoria dell’importo della sanzione minima pari a cinque mensilità e dell’indennità sostitutiva della reintegrazione;

-che il motivo merita accoglimento per quanto di ragione alla stregua dell’orientamento a riguardo espresso da questa Corte a sezioni unite con la sentenza 5072/2016, secondo cui, atteso che il pregiudizio sofferto dal lavoratore, correttamente qui ritenuto sussistente per essere lo stesso, in base al diritto dell’Unione europea, soggetto ad un onere probatorio agevolato, tale da essere assolto sulla base di mere presunzioni, deve considerarsi normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile (e non alla mancata conversione del rapporto, esclusa per legge con norma conforme sia ai parametri costituzionali che a quelli comunitari) e derivandone, appunto per l’impossibilità di identificare il pregiudizio del dipendente pubblico nella perdita del posto, l’incongruità del parametro di cui all’art. 18 l. n. 300/1970, il parametro per la quantificazione del medesimo va individuato nell’art. 32, comma 5, l. n. 183/2010, disposizione espressamente riferita al risarcimento del danno in caso di illegittima apposizione del termine;

-che, dunque, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì per l’attribuzione delle spese;

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione […]”.