(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)

Corte di cassazione. Ordinanza 26 aprile 2025, n. 10962

Licenziamento disciplinare. Accertamento della nullità o illegittimità. Addebito disciplinare mosso al lavoratore. Proporzionalità della sanzione.  Vincolo fiduciario. Elementi probatori. Buona fede del lavoratore.

“[…] La Corte di cassazione

(omissis)

Rilevato che

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli, confermando il provvedimento del giudice di primo grado, ha respinto la domanda proposta da M.B. nei confronti di A. s.r.l. per l’accertamento della nullità o illegittimità del licenziamento disciplinare intimato il 25.2.2021.

2. La Corte territoriale ha rilevato che il quadro probatorio raccolto dimostrava la fondatezza dell’addebito disciplinare mosso al lavoratore in qualità di coordinatore loop presso il centro logistico della D. s.p.a. ossia la violazione delle procedure previste per le spedizioni di due pacchi (in specie, due polizze di carico destinate ad un Istituto bancario, con conseguente assenza di registrazione sull’apposito sistema informatico e consegna a soggetti diversi dai legittimi destinatari), mentre nessun elemento probatorio era stato acquisito in merito alle circostanze giustificative dedotte dal dipendente (relative ad una sopravvenuta richiesta di “fermo deposito”).

3. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La società ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto – dell’art 32 del CCNL logistica e trasporti integrante il vizio ex art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3 – error in iudicando”, avendo, la Corte territoriale, trascurato di indicare in quale fattispecie elencata nell’art. 32 del CCNL ricadesse il fatto contestato, in particolare non avendo mai esplicitato che si trattasse di furto; invero, il quadro probatorio aveva dimostrato la violazione di una presunta procedura prestabilita di lavorazione dei pacchi, ma non il furto dei plichi.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto – degli artt. 115 e 116 cpc in combinato disposto con l’art 2119 c.c. integrante il vizio ex art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3 – error in iudicando”, avendo, la Corte territoriale, trascurato di esaminare – ai fini della proporzionalità della sanzione al fatto addebitato – l’assenza di precedenti disciplinari, la buona fede del lavoratore, l’esistenza di una prassi aziendale (in ordine alla richiesta di “fermo deposito”), la mancata acquisizione dei tabulati telefonici per accertare le affermazioni del teste M..

3. Il primo motivo di ricorso non è fondato.

3.1. Secondo il principio più volte affermato da questa Corte in tema di licenziamento per giusta causa, la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie; la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c. (cfr. Cass. n. 16784/2020; conf. Cass. n. 17231/2020; v. anche Cass. n. 1665/2022, n. 13865/2019, n. 2518/2023), essendo precluso al datore di lavoro di irrogare un licenziamento disciplinare quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal CCNL applicato al rapporto in relazione ad una determinata infrazione (Cass. n. 6165/2016, n. 9223/2015; cfr. anche Cass. n. 2830/2016), ma nel caso di specie nessun rilievo è stato operato dal ricorrente circa la sussunzione della condotta in sanzione conservativa prevista dal CCNL applicato.

3.2. Dalla natura legale della nozione di giusta causa deriva che l’elencazione delle ipotesi di licenziamento contenuta nei contratti collettivi abbia valenza solo esemplificativa, sicché non preclude un’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine all’idoneità di un grave inadempimento, o di un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (Cass. n. 2830 del 2016; Cass. n. 4060 del 2011, Cass. n. 5372 del 2004; v. pure Cass. n. 27004 del 2018).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto che il comportamento del lavoratore comportasse una grave violazione del vincolo fiduciario.

4. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

4.1. Il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, secondo un costante insegnamento (da ultimo, v. Cass. n. 36427 del 2023, Cass. n. 6468 del 2024), è devoluto al giudice di merito (ex pluribus: Cass. n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011; Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del 2005; Cass. n. 444 del 2003).

4.2. Invero, la valutazione in ordine alla suddetta proporzionalità, implicante inevitabilmente un apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla controversia, è ora sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione sul punto della sentenza impugnata manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente ed obiettivamente incomprensibili (in termini v. Cass. n. 14811 del 2020); tale pronuncia ribadisce, poi, che in caso di contestazione circa la valutazione sulla proporzionalità della condotta addebitata – che è il frutto di selezione e di valutazione di una pluralità di elementi – la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non solo non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi o un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma con la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360 (nel caso di specie, fra l’altro, vietata da una pronuncia c.d. doppia conforme), deve denunciare l’omesso esame di un fatto avente, ai fini del giudizio di proporzionalità, valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 20817 del 2016).

Le circostanze richiamate dal ricorrente, oltre a non rivestire carattere decisivo, non sono state – per la maggior parte – né allegate né oggetto di riscontro probatorio.

5. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso, con regolazione delle spese di lite secondo il criterio della soccombenza.

6. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso […]”.