Sul cd. premierato. L’opinione del Prof. Ugo De Siervo.

Ddl di revisione costituzionale n.935. Audizione del Prof. Ugo De Siervo (Presidente emerito della Corte Costituzionale) presso la Commissione Affari costituzionali del Senato. 16 aprile 2024.

“La prima Commissione del Senato ha esaminato il disegno di legge di revisione costituzionale n.935[1] e su di esso ha svolto una vasta opera di consultazione di molteplici soggetti sociali e di esperti di diritto costituzionale. Si sono così raccolte per lo più una serie di critiche più o meno radicali da parte degli esperti consultati: per l’ambiente dei giuristi possiamo assumere come emblematiche le considerazioni a cui è giunto un apposito “paper” di Astrid[2] (a cui hanno contribuito oltre trenta colleghi anche di diversa impostazione nei dibattiti degli ultimi anni sulle diverse proposte di modificazione costituzionale) ; in particolare le conclusioni sulla proposta di revisione costituzionale del Governo Meloni sono le seguenti: esistono “ragioni che rendono inaccettabile e inemendabile questo disegno di legge costituzionale; non solo per la sua inadeguatezza tecnica ma anche per il suo contrasto con i principi che reggono le basi della nostra democrazia rappresentativa”.

In effetti un “premierato” come quello ipotizzato nel progetto non solo costituirebbe una molto rilevante innovazione rispetto al costituzionalismo democratico che conosciamo, ma la qualità tecnica di alcune parti della originaria proposta governativa appariva sconcertante.

La stessa presentazione del progetto ha vistosamente oscillato fra la grande enfasi iniziale della Presidente del Consiglio sul contenuto di trasformazione del progetto e la successiva sua rappresentazione piuttosto riduttiva ad opera di alcuni Ministri ed esponenti politici della maggioranza, dinanzi alle prime corali obiezioni ed i diffusi rilievi critici che in tal modo si sarebbero alterati in radice pure i poteri del Presidente della Repubblica. In effetti il confronto pubblico che si è aperto ha messo in luce evidente che la proposta muterebbe in radice alcuni dei più importanti poteri del nostro Presidente della Repubblica (specialmente quelli relativi al procedimento di formazione del Governo ed allo scioglimento anticipato delle Camere), malgrado la affermazione da parte di esponenti governativi che la proposta avrebbe mantenuto “tutte le sue prerogative”.

Gli stessi quattro ampli emendamenti presentati dal Governo al proprio progetto denotano che – al di là delle giustificazioni ufficiali – lo stesso Governo ha preso atto di alcuni difetti che erano contenuti nel ddl originario. Così pure può dirsi per gli ulteriori ed assai più ridotti emendamenti e subemendamenti deliberati dalla Prima Commissione.

E’ da notare però che la nuova stesura del progetto non sembra aver cambiato la sostanza della proposta, né aver perfino eliminato tutte le disposizioni errate (basti qui citare quello che sarebbe il nuovo incomprensibile quarto comma dell’ art 92 della Costituzione: “Il Presidente del Consiglio è eletto nella Camera nella quale ha presentato la candidatura”). Ma si potrebbe anche considerare l’utilizzazione nel recente dibattito che ha accompagnato il lavoro della Commissione della errata opinione giuridica secondo la quale esisterebbero dimissioni “volontarie” e non già sempre obbligatorie, ove conseguenti al voto contrario del Parlamento su una disposizione su cui il Governo abbia posto la fiducia (la soluzione finale della Commissione respinge una tesi del genere, che peraltro resta significativa dell’assai modesto livello delle argomentazioni da vari utilizzate nel dibattito).

Ma qual è la sostanza del tutto inaccettabile contenuta nel testo di revisione costituzionale deliberato dalla Prima Commissione ? Mi sembrano quattro i punti da mettere in evidenza.

1. L’elezione diretta del Presidente del Consiglio costituirebbe un caso unico nel moderno costituzionalismo democratico, che pure conosce anche non pochi regimi presidenziali e semipresidenziali, però disciplinati in modo più o meno soddisfacente, con la istituzione di robusti contrappesi. Dovrebbe essere evidente che l’inesistenza a livello comparato di una forma di governo analoga a quella che viene proposta risponde alla grande pericolosità di stabilizzare in un esponente politico per un lungo periodo un’ enorme concentrazione di poteri come quella tipica del vertice del Governo nei settori delle relazioni internazionali, della sicurezza e della difesa, dell’economia e della moneta, dell’ordinamento delle istituzioni amministrative e giudiziarie, del sistema delle autonomie territoriali, ecc.,ecc., per di più contemporaneamente riducendo i normali poteri del Presidente della Repubblica e del Parlamento.

2. I poteri del Presidente della Repubblica verrebbero fortemente ridotti. Egli, infatti, non perderebbe solo il potere di nomina dei senatori a vita e di scelta di un Presidente del Consiglio estraneo ai parlamentari, ma non potrebbe più sciogliere in modo anticipato una Camera; ma soprattutto vedrebbe disciplinato in termini assai restrittivi il potere di nomina del Presidente del Consiglio (solo l’eletto dal corpo elettorale o un suo sostituto “collegato” nel caso di dimissioni del Presidente del Consiglio eletto) e quello di scioglimento delle Camere, che sembrerebbe del tutto vincolato (per il testo di quello che sarebbe il nuovo art. 94 della Costituzione, il Presidente della Repubblica “procede allo scioglimento delle Camere”, “scioglie le Camere”, “lo dispone”).

Ed ancora: si prevede che il Presidente del Consiglio possa proporre le revoca dei Ministri, ma non si disciplina minimamente i suoi poteri di guida e coordinamento dei Ministri. Un ultimo dubbio: che ne è della possibilità di sciogliere in modo anticipato le Camere per gravissimi motivi istituzionali o politici ?

3. Al tempo stesso si restringono in modo radicale gli strumenti della democrazia rappresentativa: anzitutto si ridurrebbe in modo radicale i poteri del corpo elettorale, chiamato solo a scegliere tramite un’unica votazione di tipo maggioritario, da tenere ogni cinque anni, sulle proposte avanzate dai vertici del sistema politico, senza che successivamente vi sia la possibilità di altre manifestazioni del giudizio e della volontà popolare (come avviene invece in non pochi sistemi presidenziali e semi-presidenziali). Inoltre la sommaria scelta per un sistema elettorale maggioritario (senza neanche la previsione di soglie e di ballottaggi) espone oggettivamente a fortissimi rischi di trattamenti diseguali i cittadini elettori.

Anzi, la evidente volontà di assicurare il massimo numero di voti al candidato per la Presidenza del Consiglio e la successiva piena fedeltà dei parlamentari eletti al “proprio” Presidente del Consiglio eletto spingerà inevitabilmente i vari candidati alla Presidenza ad influire sulla composizione delle “loro” liste elettorali, così riducendo le scelte autonome dei partiti e dei cittadini elettori.

4. Si pongono le premesse per un’ ulteriore espansione dei poteri governativi nell’ adozione delle fonti normative di competenza parlamentare.

Infatti, se uno dei massimi problemi attualmente esistenti nel funzionamento dei regimi parlamentari consiste nella troppo accentuata influenza del Governo sulla produzione legislativa primaria (si pensi a tutte le polemiche sugli atti con forza di legge, sull’abuso del voto di fiducia sulle leggi e sui macro-emendamenti, sui DPCM, ecc.), una riforma costituzionale come quella proposta invece legittima proprio il dominio dell’esecutivo sul potere legislativo, in piena contraddizione con le diffuse tendenze a far recuperare al Parlamento il suo potere legislativo”.


[1] Relativa a “Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica”

[2] Costituzione: quale riforma ?, Paper di Astrid n. 94 del 2024.